L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE EBBE INIZIO NEI CIMITERI. La strana teoria di mia madre.

 

La legale di uno stupratore irlandese, durante il processo, ha esibito il tanga di pizzo nero della vittima, per dimostrare che la ragazza aveva intenzioni inequivocabili. Mossa riuscita, dato che ha vinto il caso. Giustamente è scoppiato il putiferio. Sono partite campagne a difesa delle donne, in mezzo all’indignazione generale, compresa quella di una parlamentare che ha portato le mutande a palazzo.

L’avvocato della difesa è una donna. Io me lo vedo il criminale, strafottente e disperato, e lei che gli dice “sta’ tranquillo, baby, dimmi com’era vestita e la risolvo io”. In realtà non so cosa pensare. Credo che in questa vicenda vi sia un pregiudizio riprovevole che convive con una rivincita antica.

La professione di avvocato nasce all’incirca nel 204 a.c., anno in cui la lex Cincia stabilisce le parcelle dei professionisti. Le prime donne avvocato, invece, arrivano ai primi del Novecento, dopo più di mille anni. Jeanne Chauvin fu la prima francese a praticare in aula. Durante la discussione della tesi di dottorato su uno studio storico delle professioni accessibili alle donne, dovettero intervenire le guardie. Jeanne venne ridicolizzata in una serie di quindici vignette postali stampate dalla tipografia Royer, della città di Nantes.

Eccone un esempio: è ritratta in toga mentre molla il ceffone al figlio dicendo “ma sento il mio angioletto che piange”, come se la sua carriera avesse privato il bebè dell’affetto e attenzione che una madre gli deve.

Jeanne Chauvin era una fuoriclasse, per genio e coraggio, e non è detto che il desiderio di emancipazione si possa sempre nutrire di queste qualità.

Alcune settimane addietro, ha fatto scalpore la foto della Isoardi che ha mollato Salvini postando in Instagram un “after sex”. Con lui, ovviamente. Già apprendere l’esistenza di un genere fotografico “social” che ritrae due amanti dopo un rapporto sessuale è una cosa per me spaventosa. Senza contare che la scelta di lasciare un uomo associando al messaggio d’addio l’immagine di lui a letto, potrebbe dar adito a supposizioni acide. Ma, insomma, non è questo che mi interessa. È lei l’oggetto della questione. Con orgoglio, Elisa aveva ammesso di stirargli le camicie e di essere la sua ombra, riducendo in cenere anni di lotte per i pari diritti. E poi ha fatto la femminista per davvero. Ha piantato questo energumeno manganellato mostrandoci una foto in cui lei è bellissima, truccata e ammiccante, e lui pare uno scimmione disfatto. Lui dorme (probabilmente russa), lei guarda il mondo che la attende e sorride. Ha fatto entrare l’Italia nella loro intimità mentre lui dichiarava “la mia vita privata rimane tale”. Gli ha fatto ammettere, con un assurdo autogol, che “c’era chi aveva altre priorità”, facendo intendere che lei abbia sfruttato il potere di lui per condurre un programma (La prova del cuoco) in cui, udite udite, una donna insegna a cucinare leccornie. Va là, che gran femmina.

Non so per quale curiosa associazione mi è venuta in mente una frase sentita spesso nel mio ambito lavorativo, composto quasi esclusivamente da donne: “assumi un uomo, così andremo tutte più d’accordo”, ci vuole “il gallo nel pollaio”. E non ti chiedono “un brav’uomo”, un “professionista capace”, nemmeno “un bel ragazzo così ci rifacciamo gli occhi”. Solo un uomo. Come se la connotazione anatomica bastasse a garantire il raggiungimento di una felicità, condizione impossibile senza l’alleggiante presenza di un pene. Pazzesco. O forse no. Il maschilismo, in un modo perverso ed inevitabile, ci ha dato un ruolo. E quando noi donne – magari con una fetta di vergogna mista al altrettanta civetteria – ammettiamo di non essere in grado di star bene senza uomini, ci riconosciamo un carattere, un’essenza. In quel momento, siamo. Ed è la consapevolezza di quel ruolo impresso da una cultura sociale rarefatta ad averci dato la forza di reagire. Il potere di fare le femmine senza per questo perderne in dignità. Di mettere il tanga senza farci dire che meritiamo uno stupro; ma anche di difendere con ogni mezzo legale uno stronzo che ha stuprato.

È come se esistesse un femminismo mascherato da antifemminismo. Un’onda silenziosa difficile da riconoscere. Mia madre ha una teoria strana. Dice che la vera emancipazione femminile è iniziata nei cimiteri. Nell’epoca in cui le nostre nonne a cinquant’anni erano già vedove, senza denti e senza tinta, obbligatoriamente vestite di nero, i cimiteri avrebbero rappresentato l’unico luogo in cui potevano socializzare senza esser vittime di pregiudizi. Contrite e chine sulla lapide dei cari perduti, hanno iniziato ad incontrarsi tra loro. A parlare. Ad uscire di casa. A mettersi in ordine i capelli perché il luogo sacro pretende rispetto. Le più audaci, ad andare insieme a prendere un caffè. Tutte, a sentirsi meno sole. Nonostante sia un pensiero senza affondi su ricerche antropologiche, non è distante dalla realtà del mio territorio, ed è sorprendente. Perché dimostra, quasi con amara ironia, che non c’è limite alla più pura e appassionata ricerca di emancipazione. Che tu sia una promettente avvocatessa, una showgirl innamorata o una taciturna moglie di campagna, la libertà, grazie a dio, non guarda in faccia a nessuno.

Ce la farà, la ragazza irlandese. Perché nel suo sangue c’è un po’ della vittoria partita lontano. E la parte di lei che è stata ferita e umiliata ha dentro un nucleo di salvezza. Di vita.

 

Federica Marangon Mi chiamo Federica Marangon e ho 32 anni. La letteratura è la mia passione: l’ho cercata in ogni luogo in cui ho vissuto e lavorato. Leggere mi aiuta a capire il mondo e ad accettarne la follia. Quando anche i libri non mi bastano, vado in bicicletta fino al mare o a camminare in montagna. E quando il meteo non lo permette, scrivo. Su di me ci sono sempre tante nuvole.

One thought on “L’EMANCIPAZIONE FEMMINILE EBBE INIZIO NEI CIMITERI. La strana teoria di mia madre.

  1. Troppo lungo per poterlo leggere parola per parola con l’attenzione che merita senze perderne alcuni concetti. Troppo importante per non leggerlo. Troppo intenso per scorrerlo velocemente senza capirlo. Troppo importante per ignorarlo ….. in un mondo internet dove si leggono porcate, foto di quello che si e’ mangiato la sera prima o disquisizioni sul colore della cintura abbinato o no alle scarpe …. non e’ un articolo adatto. Perche’ obbliga a pensare ed utilizzare il cervello, che oggi e’ invece inscatolato in una confezione usa e getta.

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