COMBATTERE I DISCORSI D’ODIO IN TRE SEMPLICI MOSSE

È una domenica d’agosto, in un tranquillo paese di provincia la gente passeggia in infradito tra le bancherelle del mercato, pronta ad andare verso il mare. Nella piazza della chiesa, il Sindaco tiene un discorso in memoria del Brigadiere Mario Cerciello Rega, ucciso in servizio nella notte del 26 luglio scorso. Con gli occhiali scuri, il sudore colante dentro e fuori il completo blu e la fascia tricolore, tuona contro gli assassini e chi li difende, cioè “la sinistra” (www.tpi.it/2019/08/06/)

Devono marcire in carcere gli assassini”, grida tra gli applausi. Si scaglia contro i rossi che, senza vergogna, “hanno immediatamente spostato l’attenzione sul comportamento dei carabinieri, inscenando una sorta di processo mediatico per una foto dell’assassino bendato apparsa sui giornali”, riferendosi all’immagine in cui uno dei colpevoli compare bendato e ammanettato nella sala dell’interrogatorio, episodio al centro di un’indagine interna avviata dallo stesso Giovanni Nistri, Comandante generale dell’Arma dei Carabinieri (https://www.ilmattino.it/primopiano/).

Il sindaco conclude l’invettiva appellandosi ai “valori smarriti” che ci fanno schierare dalla parte sbagliata, cioè “la sinistra”. L’assunto è quindi questo: se hai votato sinistra, difendi gli assassini del brigadiere Cerciello Rega. Lo sostiene la più alta carica del paese di Solesino, votato da un cittadino su tre alle amministrative del 2018.

Che cosa ci sta succedendo?

IL FLUSSO DI INCOSCIENZA

Il discorso d’odio del sindaco ci indigna soprattutto dal punto di vista morale. È ingiusto essere paragonati agli assassini solo perché si vota sinistra e la paura rossa sta tornando come un rigurgito maccartista. In realtà dovrebbe stupirci innanzitutto la totale assenza di logica. Le sue parole corrono per conto loro e dimenticano (più o meno consapevolmente) i fatti. Se provate a chiedere al Sindaco i nomi degli esponenti PD che hanno difeso gli assassini, vi risponde con uno screen di “Rassegne Italia” (https://www.rassegneitalia.info/), pagina che ha la decenza di definirsi “non una testata giornalistica, ma un contenitore di informazione on-line rivolto ad un pubblico di destra”. L’argomentazione a sostegno della sua tesi è questa: “La sinistra si indigna più per un criminale bendato che per un militare ucciso”. Basta a far comprendere ai cittadini che il discorso del sindaco è, prima che oltraggioso, insensato? No.

Chi difende la posizione del sindaco si appella alla necessità di maggior tutela nei confronti delle forze dell’ordine. Un signore sostiene che la sicurezza è in pericolo a causa degli immigrati i quali, a suo dire, costituiscono il 95% delle presenze in carcere. Quando chiedo dove ha trovato il dato, mi dice di informarmi telefonando al Due Palazzi (il carcere di Padova). Gli rispondo che i dati ci sono e gli stranieri sono il 50%. A quel punto mi accusa di essere “fissata con le percentuali” (nonostante abbia iniziato lui) e che anche se credo non siano vere, non importa. Il signore è un caso raro? No. Spulciatevi qualche commento riferito ad un qualsiasi evento di cronaca nera e vedrete cosa ne esce.

L’accozzaglia livorosa di opinioni prive di fondamento è potenzialmente infinita e non arginabile. Se per credere a qualcosa non ho necessità di conoscere i fatti, allora i fatti non saranno mai in grado di dimostrarmi che quella cosa non è vera. Credere ad una menzogna significa perdere la coscienza di sé e del mondo, mettendoci in balia di correnti di potere che ci rendono fragili dandoci l’impressione di essere forti perché “diciamo quello che pensiamo”.

I discorsi di politici come il sindaco (il cui motto è, peraltro, “dalle parole ai fatti”) sembrano sfruttare il “flusso di coscienza”, la tecnica narrativa che consiste nella libera rappresentazione dei pensieri così come paiono nella mente, prima di essere riorganizzati logicamente in frasi. L’intento del Sindaco, però, è esprimere un’idea chiara e muovere potenti accuse, non recitare un monologo interiore alla James Joyce. Di conseguenza il discorso non risulterà strambo e autentico come un flusso di coscienza: sarà banale e truffaldino come la retorica salviniana. In tal modo non esce la parte più pura e sconvolgente della coscienza, ma quella dell’incoscienza di chi parla e di chi ascolta annuendo. È normale che la gente lo sostenga e lo condivida? Sì.

DOVE OSANO LE BUFALE

Un recente studio svolto dal MIT (Massachussetts institute of technology) di Boston ha analizzato per la prima volta in modo estensivo i meccanismi di diffusione delle notizie false in rete. A livello neurale, le notizie che non superano la verifica dei fatti hanno un impatto emozionale più potente: sono costruite in modo tale da ispirare rabbia, disgusto, dolore, oltre ad essere più accattivanti di quelle vere. Una notizia falsa ha il 70 per certo di probabilità di essere condivisa più di una notizia vera. Non solo: le notizie politiche false viaggiano al triplo della velocità di ogni altra notizia falsa, raggiungendo il doppio delle persone. In questo caso i veicoli non solo sterili algoritmi, ma le scelte consapevoli delle persone, tanto che non importa chi le condivide (se persone famose e popolari) ma in quanti le fanno girare. Non sono tanti quelli che le inventano, ma troppi quelli che le diffondono (ilsole24ore.com/video/notizie/ecco-come-nasce-fake-news).

Nel 2016, il ventenne Gianluca Lipani è stato denunciato dalla polizia postale per istigazione alla discriminazione razziale. Aveva messo in giro la voce che il PD obbligava ogni nucleo famigliare ad ospitare un Rom. La notizia è stata condivisa da più di trentamila persone. Gli sponsor pagavano due euro ogni mille visualizzazioni e alcune news ne hanno contate 6 milioni (per un totale di 12.000 euro a bufala). Un modo per far sì che una notizia falsa venga creduta vera è il registro linguistico (come insegna lo stesso Lipani): il testo deve essere comprensibile e grammaticamente scorretto, come se il linguaggio di qualità fosse il cavallo di troia della menzogna.

Le fake news attirano l’attenzione perché soddisfano le convinzioni della gente. L’invenzione narrativa percorre l’abisso che davvero porta “dalle parole ai fatti”: un pregiudizio (il Rom che ti ruba la casa) trova la sua evidenza concreta e non mi interessa verificarla perché è la mia convinzione ad essere vera. Nel caso specifico, l’odio verso la sinistra – orizzonte della sua campagna e del suo elettorato – viene giustificato dalla bugia che “tutti” i democratici siano dalla parte degli assassini. Il sindaco ne trae beneficio in consensi così come le aziende guadagnano con gli investimenti pubblicitari. Può essere utile obiettare dicendo che le sue sono insinuazioni prive di prove? Certo che sì.

 “IL SINDACO E’ NUDO!” L’effetto Dumbing down

 

Il caso del sindaco è emblematico e rappresenta la deriva verso la quale si sta spingendo la politica nazionale. Lo chiamano effetto “dumbocracy” (“instupidimento della democrazia”) e prevede che il leader non rappresenti le migliori qualità del popolo, bensì la somma degli istinti peggiori. Diventa quindi una sorta di somma al ribasso (down). Come si è arrivati a questo punto?

Isaac Asimov, autore di romanzi di fantascienza, sosteneva che una mistificazione della democrazia portasse a pensare che “la mia ignoranza ha lo stesso valore della tua conoscenza”. Si è sempre più sospettosi verso le persone “di cultura” che si esprimono in maniera educata e la misura evidentemente puzza di  truffa. Quando ascoltando un politico diciamo “senti come parla bene!” non intendiamo che ne sappia più di noi, ma che “ha detto delle cose vere perché anch’io le avrei dette così”.

Il fatto che possiamo dire liberamente ciò che pensiamo ad una platea potenzialmente mondiale ci ha montato letteralmente la testa: i like e le condivisioni dei nostri pensieri creano gli stessi effetti di euforia e dipendenza delle droghe, del potere, del sesso. Il paradosso è scambiare per “realtà” qualcosa che di autentico non ha più nulla. Noi diamo agli altri un’immagine in cui mostriamo ciò che gli altri dovrebbero vedere. Il rigetto dei filtri della decenza fa dilagare la menzogna non la verità: per tornare al discorso del sindaco, a differenza del flusso di coscienza, la sua raffica di nonsense non svela l’autenticità della sua essenza ma l’inganno di un’immagine costruita per attirare consensi.

Durante la cerimonia solenne la gente applaudiva mentre il sindaco lanciava anatemi verso la minaccia rossa, eppure il giorno seguente la stampa, l’opposizione e l’arena facebook non sono stati clementi. La solennità dell’occasione imponeva un rituale decoroso che nessuno si è sognato di alterare, ricordando la favola di Andersen “I vestiti nuovi dell’imperatore”. La storia racconta di un sovrano vanitoso molto attento all’abbigliamento. Un giorno a corte si presentano due imbroglioni e gli vendono un vestito fatto di un tessuto talmente bello da risultare invisibile agli stolti e agli indegni. In realtà nemmeno il re lo vede, ma per non risultare indegno finge di lodare la stoffa. Col nuovo vestito sfila quindi per la città, mentre i sudditi che non vedono nulla, per non esser giudicati male, applaudono l’eleganza del sovrano. L’incantesimo è spezzato da un bimbo che, sgranando gli occhi, grida con innocenza “Il re è nudo!”, mentre il sovrano cammina come se nulla fosse successo.

In questo caso, il ruolo del ragazzino l’ha giocato il quotidiano online The Post International (TPI) che, avulso dalle lotte locali tra maggioranza e opposizione, ha definito il discorso “inquietante”.

Il sindaco è ormai nudo.

TRE FACILI MOSSE PER SOPRAVVIVERE AI DISCORSI D’ODIO

Vivisezionare episodi come quello descritto è utile per capire come uscire da questa inquietudine. Le mosse per rispondere in maniera utile e virtuosa ai discorsi d’odio sono tre:

Numero 1: Essere più informato di chi stai contestando

Vince la guerra chi ha le armi più forti. Nel ragionamento, la prima munizione è la conoscenza. Parlare solo di ciò che si conosce è fondamentale. Le fonti consultate devono essere attendibili e si devono citare sempre. La prima fonte è l’oggetto della nostra critica: pur con molto fastidio, il discorso da prender di mira va praticamente imparato a memoria. Bisogna leggerlo e rileggerlo affinché riusciamo ad “entrare nella sua voce”, apprendendo lessico, sintassi e stile. Il resto sono libri, articoli, trasmissioni radio e anche due chiacchiere con persone di diversa cultura e opinione politica, per comprendere come parlare ad un target più vasto possibile. La conoscenza ci rende inattaccabili, il che non vuol dire che troveremo adesioni verso la nostra idea ma che essa verrà ascoltata. Vi chiedete come è possibile visto che sono le bufale e non la verità ad attirare l’attenzione? Prendete spunto dallo stile della fake news, epurandolo dalla violenza e scorrettezza grammaticale, portando al massimo livello di qualità e lanciandolo con nobili obiettivi. Non spaventiamoci se abbiamo pochi like: c’è chi ha il timore di dire “il re è nudo” ma vi leggeranno più persone di quante immaginate.

Numero 2: Non odiare

In guerra le armi non bastano: serve pure una strategia. Il rischio che si corre quando si attacca un discorso d’odio è renderci odiosi. Purtroppo ad essere contagiosi sono i virus e le malattie, non le virtù. Non bisogna mai abbassarsi alla violenza di chi ribatte, magari insultandoci. Questo non significa prendere e incassare, ma dimostrarsi umilmente superiori. Il motivo è che lo scopo della nostra battaglia è davvero migliorare lo stato delle cose. Attenzione al dosaggio dell’ironia: nessuno deve sentirsi preso in giro per le proprie idee e il modo in cui le esprime. Anzi: più sarà in grado di comprendere l’ironia e più la useremo. Se invece non coglie, lasciamo perdere. Ricordate che rispondere con un fatto comprovato ad un insinuazione aggressiva nel lungo periodo paga e, comunque, potrete far circolare una notizia vera che, se ben detta, avrà una rispettabile diffusione.

Numero 3: Prenderla come una missione

Una tecnica di guerra è il logoramento. Chi non ha armi e strategie, punta tutto sulla resistenza. L’esaltazione che vi dà rispondere per le rime a chi ha espresso un discorso d’odio ha effetti brevissimi. Appena la discussione si accende, iniziate ad annoiarvi e sentite che state sprecando tempo e che invece di dedicarvi alle vostre passioni siete impegnati nella missione impossibile di far passare concetti utili. Ecco, si tratta proprio di una missione: cercare di apportare un valore aggiunto confrontandovi con chi odia è di fatto un servizio e va svolto con dedizione. Non mollate mai, non iniziate a dire che facebook è un contenitore di cazzate: i social sono ormai le nostre piazze nonché fabbriche di consenso. Chi ha cambiato davvero le cose è perché non ha mai smesso di crederci e ha dedicato tempo ad una causa che magari per molti non significava molto.

Gutta cavat lapidem e un ragionamento cambia le coscienze.

Federica Marangon Mi chiamo Federica Marangon e ho 32 anni. La letteratura è la mia passione: l’ho cercata in ogni luogo in cui ho vissuto e lavorato. Leggere mi aiuta a capire il mondo e ad accettarne la follia. Quando anche i libri non mi bastano, vado in bicicletta fino al mare o a camminare in montagna. E quando il meteo non lo permette, scrivo. Su di me ci sono sempre tante nuvole.

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