#quellavoltache (non): contro una campagna dannosa

Non mi sono mai sentita molestata dagli uomini. Basta uno sguardo per incenerire eventuali vampate, a volte aggiungo due parole. Ho ottenuto più rispetto che fastidio. Le occhiate libidinose mi fanno pena, non paura. Tra esseri umani lo scambio è alla pari.

Al lavoro non sono mai stata discriminata e non ho mai ricevuto strane proposte: lo vedi quando una conta solo sulle proprie forze. Ho pagato più lo scotto dell’esser giovane che dell’essere donna. Le campagne antimolestia di questa sinistrella radical chic sono un modo per nascondere la polvere sotto il tappeto: non sono le tette che ci penalizzano, ma una politica del lavoro che fa schifo.

Ho sempre evitato di frequentare antri bui e pericolosi non perché sono donna, ma perché nei luoghi dove regna la disperazione, la violenza è l’unico linguaggio. E quello è un problema sociale, non sessista, santo cielo. Potrei girare con uno spray al peperoncino perché esistono i pazzi malati lasciati allo sbando, non perché esistono i maschi.

Non mi infastidisco quando ti dicono “è ora che ti trovi un uomo” : la mia solitudine è una conquista e non esiste l’ora giusta, ma la persona con cui mettersi in gioco. Dentro ho un cuore, non delle lancette. Si tratta di una battuta goffa per avviare una conversazione magari profonda, che ho imparato a tenere senza difficoltà. Decido io come voglio essere e chi non capisce, pazienza. Non faccio pagare a tutti gli uomini le colpe di chi mi ha deluso: impacchetto, butto via e cambio strada. Non rinuncio alle belle occasioni per essermi imbattuta in un coglione, pure se la rabbia mi farebbe pensar male di tutti. La rabbia è un fuoco di paglia e la ragione è una roccia fredda. Forse è pure bello preparare la cena e pulire la casa per chi ti ama. Emanciparsi non significa rinunciare a prendersi cura dell’altro, che è di per sé un privilegio.

Guardatevene da queste campagne sordide: i post che leggo sembrano sceneggiature di film erotici di bassa lega. Che tristezza. Tra il non denunciare uno stupro e dare del maiale a qualsiasi maschio vi abbia fatto un complimento passa un’enorme differenza. E diciamolo, caspita: se metto una minigonna e trascorro tre ore dall’estetista è perché voglio essere guardata, desiderata, voglio che mi fischino per strada. La mia cultura non ha bisogno di creme antirughe: chi ama la mia testa è perché gli ho mostrato quella, non altro. Non mi stupisco se con una foto mezza nuda su instagram ottengo un invito a letto e non in biblioteca. Io valgo per quello che so fare. Se poi mi fotografo in bikini perché mi sento gnocca, eviterò di moralizzare le modelle: significa essere coerenti, non superficiali. Sto meglio quando sono truccata: l’acqua e sapone lo lascio volentieri alle quindicenni. La naturalezza è una scelta ponderata, la sciatteria è un disagio occulto.

Non sono comunque immune dalla violenza. Se un giorno qualcuno dovesse farmi male, mi difenderò. Muoverò la questura, l’opinione pubblica, farò tutto ciò che è in mio potere per fargliela pagare. Non ascolterò l’Asia Argento di turno. Ascolterò quello che mi hanno insegnato anni di lotte per i diritti veri e seri; che la libertà è una scelta consapevole, fatta di impegno e fatica e richieste di aiuto, non di piagnistei. La solidarietà femminile è una bugia: alcune donne mi stanno sulle palle e non è un problema che mi turba, dato che vale anche per loro.

Non cediamo alle squallide marchette delle quote rose: chi confonde la figa col diritto fa della figa un passe-partout e ci umilia. È come voler portare la pace con i carri armati, per dio. Leggiamo, tiriamocela quando abbiamo voglia di giocare, costruiamo qualcosa di positivo, usiamo la sensualità con coscienza e leggerezza. L’indipendenza, quella vera, è l’assenza di paura del giudizio altrui. Il rispetto verso noi stesse nutre il rispetto da parte degli altri. Abbiamo tutti gli strumenti che ci occorrono, i talebani sono un altro affare.

L’umanità non si distingue tra chi piscia in piedi e chi piscia seduto, ma tra chi nuoce e chi no. Il male non ha genere, ma schiavi. E noi nasciamo liberi.

 

 

Federica Marangon Mi chiamo Federica Marangon e ho 32 anni. La letteratura è la mia passione: l’ho cercata in ogni luogo in cui ho vissuto e lavorato. Leggere mi aiuta a capire il mondo e ad accettarne la follia. Quando anche i libri non mi bastano, vado in bicicletta fino al mare o a camminare in montagna. E quando il meteo non lo permette, scrivo. Su di me ci sono sempre tante nuvole.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *